Fattore J, promosso da
Fondazione Mondo Digitale con Janssen Italia, è il primo curricolo per la
scuola italiana per educare i giovani a sviluppare intelligenza emotiva,
rispetto ed empatia verso le persone che vivono una situazione di grave disagio
o sono affette da malattie. Un’importante operazione sociale per stimolare il
cambiamento culturale e di mentalità a partire dalle nuove generazioni. La
classe 3C del Liceo Classico ha finora partecipato a tre webinar che hanno
sostituito nell’emergenza gli incontri in presenza, ma che con la forza degli
interventi proposti da Cecilia Stajano, Coordinatrice Innovazione nella Scuola,
sono ugualmente riusciti a coinvolgere i ragazzi in questo finire d’anno così
carico di unicità.
Questa la testimonianza di una studentessa, Camilla.
Questa la testimonianza di una studentessa, Camilla.
L’intelligenza
emotiva. Dirigersi verso gli altri e noi stessi comprendendo le emozioni che
proviamo quotidianamente. Questo era il nucleo principale dei tre Webinar a
cui, finora, la mia classe e io abbiamo partecipato. Abbiamo ritrovato, dunque,
un elemento formativo del nostro percorso di crescita personale e sociale,
riscoprendo quanta importanza abbiano le emozioni che spesso preferiamo
semplicemente ignorare. Il riuscire a gestire emozioni ci permette di vivere in
maggiore serenità ed empatia con l’ambiente che ci circonda. L’empatia è un altro
concetto molto importante a cui spesso gli specialisti si sono riferiti: la
capacità di porsi al posto di un’altra persona. Per noi giovani è difficile
avvicinarsi a una spiegazione riguardo queste emozioni e sensazioni che
permettono non solo il raggiungimento di un equilibrio interiore, ma anche una
buona rendita in ambito lavorativo e sociale. L’intelligenza emotiva
costituisce la solida base di un buon team work, per esempio: così tanto
diffuso nel ventunesimo secolo costituisce un requisito fondamentale della
maggior parte dei lavoratori. Comprendere e accogliere le emozioni proprie e altrui
è molto complesso e molti fattori influiscono nel nostro atteggiamento nei loro
confronti: il background famigliare e culturale, il sentirsi soli in quelle
sensazioni, considerarle socialmente inaccettabili, il voler dimostrare di non
essere deboli e il voler definirsi come invulnerabili. Siamo esseri umani, non
macchine. Le emozioni, nelle loro mille
sfaccettature, ci rendono unici e ci permettono di vivere la vita nei suoi
molteplici aspetti. Ho riscontrato come uno dei momenti più commoventi delle
tre conferenze a cui abbiamo assistito l’intervento di Leonardo Radicchi, voce
e fondatore dell’associazione per ipertensione polmonare. Sono rimasta con gli
occhi fissi (e talvolta anche un po’ lucidi) sullo schermo, tanto per la storia
in sé, quanto per il modo di riuscire a parlare di se stessi così limpidamente.
Io non ne avrei mai avuto il coraggio, forse perché non credo di aver raggiunto
la consapevolezza delle mie emozioni, le quali spesso non so nemmeno definire.
Il Fattore J, dunque, mi ha proposto innumerevoli spunti di riflessione,
insieme a concetti e aspetti della mente umana che prima non avevo considerato.
Mi ha addirittura spronato un po’ di più a seguire una delle vie di studio che
intendo seguire all’università, psicologia, anche se l’indecisione è ancora
molta. Non appena la nostra professoressa di scienze, Antonietta Galanzino, ci
ha proposto questo progetto, ho provato interesse e ammirazione per lavoratori che,
in questo momento difficile sia dal punto di vista sanitario, ma anche emotivo,
ci vogliono fornire sostegno. Io mi sono sentita compresa nel notare come
qualcuno, finalmente, abbia parlato di un aspetto della vita di tutti che
purtroppo ora non si ha il tempo di affrontare nella sua complessità.
Il
Fattore J ha avuto un ruolo importante nella quarantena che ho vissuto per più
di due mesi e che in parte continuo a vivere: nella frenesia di tutti gli
impegni scolastici e nell’iniziale sconforto che ho provato per questa situazione,
ho trovato nell’alternarsi delle voci di specialisti in campo psicologico e
medico, un modo per soffermarsi a pensare a cosa si provi in questo preciso
istante, attività che inoltre ci hanno proposto in due degli incontri. Ora è
forse più semplice: siamo soggetti a una minore influenza che esercita su di
noi il giudizio altrui, ma quando tutto tornerà a una “nuova normalità” dovremo
ricordarci di questa esperienza che abbiamo vissuto e trarne insegnamento.
Camilla Camusso cl. IIIC,
Liceo Classico Vittorio Alfieri di Asti.
Nessun commento:
Posta un commento